Quanto deve durare un conflitto? Cinque, dieci, migliaia di anni? Quanti morti, feriti e quanto dolore prima che qualcuno dica “basta!”? Prima che ogni sguardo sia offeso ed ogni piccola mano sia mutilata o siano ogni parola ed ogni corsa di bimbo uno strazio di polvere sotto le macerie?

Naeema Ruber è il racconto dell’amore che sorprende e sconquassa le leggi, strappa le divise, tenta di cancellare la fisionomia di un passato che imprigiona piuttosto che essere sostegno alla libertà; l’amore che mette in discussione ogni ragione radicata nel potere, nella sopraffazione e nell’abuso in nome di quel bene insperato capace di donare resilienza.
Un soldato incontra gli occhi, l’odore, il corpo stravolto di una donna rimasta inspiegabilmente illesa durante un attacco contro il suo popolo; il loro sguardo si incrocia e si “vedono” per un istante giù fino all’anima.

Il conflitto israelo-palestinese diventa pretesto per porsi delle domande: si può insinuare in mezzo a tanta devastazione la rivoluzione improvvisa e prepotente dell’amore? Quel che di misterioso in noi, che vogliamo chiamare “amore” può strappare la ragione e proporre alla coscienza un salto capace di disinnescare ogni odio e farlo divenire terreno su cui fondare una nuova umanità?
La domanda resterà aperta: Naeema verrà? Scapperà con il soldato? Naeema è un sogno, un tormento, un’idea folle nella testa del soldato o è davvero quella donna che ha mostrato in un istante la bellezza della vita per cui ora vale la pena rischiare tutto nella fuga verso un altro mondo? Naeema può costruire per se stessa l’ipotesi di una nuova vita?

Lo spettacolo è poetico, la scrittura Ilaria Drago intreccia lo svolgersi dell’azione a momenti di sospensione, come dovessimo trattenere il fiato per guardare l’interiorità dei personaggi. Procede per quadri e fa incontrare il linguaggio del corpo - Naeema è la danza potente di Alessandra Cristiani - e quello della parola nella storia narrata a frammenti da Paolo Grimaldi un soldato cliché del militare che ostenta pistole e disprezzo eppure anche così impaurito, incerto, fragile quando quel cliché viene meno e crolla tutto il “romanzo” della sua vita.
Le luci di Max Mugnai dipingono i quadri scenici in un ritmo che alterna bui a delicate sferzate di colore.
La musica scelta è quella di Meira Asher, un’artista israeliana nata in un territorio di belligeranza quotidiana che racconta di torture e violenza, ma anche: “…si dice che il Novecento è stato il secolo delle guerre, dell’odio razziale e dello sterminio. Ma anche la compassione fa parte della natura umana e non può essere annientata con tanta facilità; è qualcosa a cui non si può rinunciare, anche quando l'equilibrio s'incrina fino a spaccarsi in modo brusco".

Il linguaggio corporeo proposto da Alessandra Cristiani non risponde alla musica in senso letterale, segue un’altra dimensione del ritmo: corporeo, interiore, intimo… che emerge anche dal dialogo con l’oggettività del suono esterno. L'inclinazione artistica non è quella di seguirne la punteggiatura. L'aspetto creativo e sensibile è stimolato in modo diverso rispetto alle modalità convenzionali della coreografia, intercettando nel costituirsi della presenza scenica, la danza in una sua possibilità performativa e teatrale.

* il testo originale Naeema ruber si trova nella raccolta di testi teatrali di Ilaria Drago Di polvere e di resurrezioni(Nemapress).